lunedì 27 maggio 2013

La mia casa



Attendo il calar del sole per entrare dentro di me.

Abbandono la ragion pratica e mi apro all'inutile.

Odo suoni che nessun orecchio ammette.

S'alzano sipari dove folletti son piaceri,
 dove dell'impossibile mi faccio beffa.

Son solo ma non triste.

La mia anima muove confini,
attraversa muri e sorpassa credenze.

Nella mia casa abitano emozioni.

Voi non potete entrarci.

domenica 26 maggio 2013

Il dubbio di ETT





ETT: Colgo l’occasione per sciogliermi un dubbio.
Osservando la specie umana, noto, con viva curiosità, una certa tendenza di molti umani a emergere rispetto alla massa. 

Insomma, io ho l’impressione che facciate a gara per prevalere tra di voi nel rincorrere riconoscimenti e raggiungere ciò che voi chiamate “fama”.

LUIGI: Io aggiungerei ricchezza e gloria!

ETT: La difficoltà di trovare una spiegazione a questo fenomeno, si trasforma in mistero se penso che la vostra vita dura, se va bene, cento anni e del dopo non sapete nulla. 

Inoltre, per centrare questo obiettivo, conducete una vita frenetica fino al punto da consumarla tra mille sacrifici.

Ho notato che molti di voi si rovinano la vita per diventare ricchi e utilizzano il denaro accumulato per comprare medicine.

Il tuo amico Antonio è un esempio di questi strani individui.

Come ben sai, egli ha lavorato per un lungo periodo della sua vita senza risparmiarsi con l’intento di diventare ricco e permettersi qualsiasi bene di lusso, dalle auto alle barche, passando per le belle donne.

Il risultato che ha ottenuto è stato l’infarto cardiaco e il litigio dei suoi eredi. 

A nulla è servita la ricchezza nel momento di salvare la sua vita compromessa da uno stile cieco quanto stupido.

LUIGI: Hai ragione, ETT!
Noi umani, pur di inseguire chimere che plagiano la nostra traballante autostima, diventiamo autodistruttivi.

Spesso, agiamo come automatismi privi si consapevolezza poiché immaginiamo scenari frutto di sortilegi, nati da limiti non accettati e da presunte capacità inesprimibili.

Ognuno di noi inconsapevolmente non accetta di essere un’insignificante parte di qualcosa d’immenso e ha paura dover ammettere di nascere e morire come il passaggio di meteore; 
non vuole essere dimenticato; vuole lascare la prova del suo passaggio tra i vivi di questo pianeta.

Capita ad alcuni che, sfiorando la morte, capiscano il significato vero del vivere; 
capiscano il valore del presente e il piacere di sottendere con il sentimento a qualsiasi atto di vita.

Presente e futuro, per noi umani, non esistono.

Questi sono trappole in cui molti cadono. 

Concentrandoci nel passato e nel futuro, ci sfugge il presente e ci ritroviamo vecchi e inutili quando ormai il corpo bussa alla mente per chiederle la resa.

sabato 25 maggio 2013

Il ritorno di Ett

Foto: Puoi parlare...gridare ....ma se lo fai con un sordo ... Tutto è inutile   *



LUIGI: Ett, ci sei?

ETT: Sono sempre con te! Avanti, che cosa vuoi dirmi.

LUIGI: Sono felice!

ETT: Mi fa piacere che ciò ti possa capitare spesso.
Che cosa ti fa apparire il sole nel tuo animo?

LUIGI: Ho vissuto la mia prima esperienza di “scrittore all’opera”.
Ho presentato pubblicamente il mio libro.

ETT: “Il mondo illusorio”?

LUIGI: Sì, è stato fantastico!

ETT: Modera il tuo entusiasmo e raccontami gli aspetti salienti della presentazione.

LUIGI: Ho parlato della virtualità del nostro mondo; della logica a livelli dei sistemi e delle spettacolari speculazioni fantastiche a cui le teorie di Bohm e Pribram si prestano.

ETT: Lascia perdere i tuoi scienziati, dimmi invece quali sono le tue convinzioni.

LUIGI: Sarebbe troppo lungo raccontarti tutto! 
In qualità di extraterrestre dotato di poteri speciali, dovresti aver sentito tutto e colto le mie proiezioni logiche.

ETT: Infatti, Io conosco bene le leggi del mio mondo, ma non posso interpretare le tue. La mia visita su questo pianeta ha l’obiettivo di creare un’interfaccia tra i due mondi. 

I tuoi strumenti, sia fisici e sia logici, sono completamente incompatibili con i miei e questo ci costringe, purtroppo, a supporre di intenderci.

Non mi dispiacerebbe ascoltare le tue teorie in merito.

LUIGI: La mia teoria si basa sull’osservazione della nostra biologia e sui modelli logici che noi umani siamo abituati a usare.

ETT: Forse, anche contaminati dai tuoi tecnicismi?

LUIGI: Certamente! 
Il problema più grave per noi umani è rappresentato dall’incapacità di comunicare. 

Siamo sistemi autonomi, separati e assurdamente dipendenti l’uno dall’altro.

Abbiamo bisogno di interagire per star bene; abbiamo bisogno di essere guardati, ascoltati e compresi. 

Utilizziamo una forma di passivismo assunto per diritto. 

Il bisogno di essere “sentiti” dal nostro simile è tanto forte quanto debole è la capacità di “sentire”.

La colpa non è tutta nostra, ma di quei maledetti e approssimati organi sensoriali.

ETT: Forse, ti comprendo.

LUIGI: Quando due umani parlano, entrambi presumono di farlo in tempo reale – real-time, dicono gli inglesi – In realtà, tutto avviene in differita e con una strumentazione molto condizionante e soggettiva.  

Nel nostro mondo qualsiasi dispositivo fisico ha un tempo di latenza, un grado di memoria, un tempo d’invecchiamento, in definitiva, una fascia di operatività molto precaria, legata alla qualità dei suoi parametri.

L’uomo non può prescindere dalla sua fisicità e anche la sua logica è una diretta conseguenza.

Nel colloquio, supposto reale, intervengono un’infinità di sottosistemi fisici/biologici che, interagendo nell’ordine dei livelli a cui appartengo, rendono possibile lo scambio informativo.

Ogni sottosistema, ignaro del significato di ciò gestisce, risponde con le proprie funzioni nell’offrire i propri servizi ai sistemi intelligenti di livello superiore e utilizza i servizi propedeutici forniti dai livelli inferiori. 

Il merito della comunicazione è riservato al mondo delle idee, come risultato finale prodotto dal complesso “uomo” fisico-biologico.

Lungo la catena dei sottosistemi, tutto deve funzionare secondo una logica compatibile affinché il mondo delle presunzioni abbia coerenza.

ETT: Apri una porta molto pericolosa per la stabilità psicologica degli umani.

LUIGI: Temo che oltre quella porta ci sia la solitudine cosmica e la necessità di una ragione: scienza, filosofia, fantasia o fede religiosa come voglia dirsi.         

venerdì 24 maggio 2013

Perdere l'amico

Foto: Se sei disposto a dimenticare ciò che hai fatto per gli altri
e a ricordare ciò che gli altri hanno fatto per te.
Se sei pronto a non tener conto di ciò che la vita ti deve,
ma a prendere nota di ciò che tu devi alla vita.
Ma soprattutto, se riesci a capire che tu sei negli altri
e gli altri sono in te e che la cosa più importante della vita
non è ciò che riuscirai a prendere da essa,
ma ciò che riuscirai a darle....
Allora avrai imparato a vivere.

''Omar Falworth''
www.ilgiardinodeilibri.it/libri/__la_gioia_di_vivere.php?pn=4132

Ho perso  un amico.

Non era un amico!

Il mio cuore vedeva nella nebbia?

Forse, vedeva se stesso riflesso nel corpo dell'amico.

Illuso, cuore mio!

Vedi amici ovunque.

Sono soltanto ombre che ti sfiorano.

Sei solo!

Non ti preoccupare, però, continua ad amare.

Continua a credere che un altro possa esistere dentro di te.

Troverai sempre te stesso a spasso con le emozioni. 


Vorrei stare con te

 

Non ho tempo per capire quello che è mio e quello che è tuo.

Non possiedo cose.

Sono anima che vuol sorridere.

Posso darti soltanto ciò che mi appartiene.

Sono sicuro di voler esserti accanto e
condividere le tue gioie.

Mi piacerebbe dimenticare insieme a te il dolore,
cancellare la tristezza sui volti degli sfortunati.

Vorrei provare, abbracciato con te,
a guardare il cielo,
e a sfidare con gli occhi l'infinito.

Percorrerei lunghi sentieri per giungere molto lontano,
 dove abita l'immaginazione.

In quei momenti, sarebbe stupendo sentirti vicino,
cercando le tue mani tiepide. 

Immobili per il peso e incantati per delizia,
 allineiamo i nostri sguardi al mare 
che finge di agitarsi all'incalzare del vento.

Vorrei vivere quegl'eterni attimi d'amore
nel silenzio di due cuori che per caso si sono incontrati.


giovedì 23 maggio 2013

Burrasca





Onde spumeggianti ripiegano sugli spenti flutti.

Il mormorio del vento canta nel mare in burrasca.

Danzano le onde in attesa del convito.

Anima mia, 
abbandona questo corpo e fuggi col pensiero,
laddove l’acqua ti culla.

È  dolce restar lontano dall’esser pesante.

Accoglimi emozione,
sono spettatore di una vita che non mi  appartiene.



mercoledì 22 maggio 2013

L'operosità delle api come risorsa umana insostituibile - di Fabio Squeo





“C’è un’ape che si posa su un bottone di rosa: lo succhia e se ne va: tutto sommato la felicità è una piccola cosa” recita Trilussa.

Ecco che,  la nostra amica Maia non si smentisce mai davanti alle lusinghe e ai richiami d’amore di madre natura. I suoi colori sono magnetici, di un giallo sgargiante che conferiscono, alle bellezze dionisiache donate dalla natura, una dimostrazione della presenza di Dio nel paesaggio terreno.

Nella mitologia greca erano considerate messaggere delle Muse per la loro sensibilità ai suoni, ma erano anche il simbolo del popolo obbediente al suo re.

Quando, secondo la leggenda, Zeus bambino fu nascosto dalla madre Rea, in una grotta del monte Ida a Creta per sottrarlo al padre Crono che voleva divorarlo, fu nutrito, oltre che dal latte della capra Amaltea, da un miele prodotto dalle api locali.

Per la sua operosità, l’ape, si distingue continuamente rispetto ad altri insetti che, molto spesso, conducono una vita parassitaria e inerte nelle polverose toppe delle serrature, anfratti bui, impensabili e impraticabili per l’uomo.

Le api sono insetti speciali ed è un peccato che se ne vedono sempre meno in giro. Si sta verificando, come direbbero gli esperti: “una sindrome di svuotamento degli alveari”.

L’ape è un insetto innocuo fondamentalmente; è dotato di un pungiglione che gli consente, in caso di attacchi da parte di predatori molto più grandi, di difendersi con estrema naturalezza. Le api sono insetti che non conoscono sofferenze e solitudine poiché vivono quasi sempre in compagnia, condividono dolcemente affetti di ogni sorta. Sono insetti sociali.

Le loro opere sono capolavori e degne di ammirazione da parte di melensi e appassionati cultori, i quali con il giusto approccio scientifico e culturale obbediscono ad un’etica della cura e della salvaguardia del panorama entomologico.

Le api sono, pertanto, insetti fondamentali per l’ecologia del paesaggio naturale, esse vanno tutelate e rispettate, poiché rappresentano “il termometro dell’ambiente fisico-ecologico”; in altre parole, fungono da regolatori di temperatura o di attività legate a fenomeni retti da processi di impollinazione e ritmi di trasformazione e di sviluppo all’interno delle bioecologie. 

Le api sono fondamentali per l’equilibrio naturale; esse  assicurano principi nutritivi indispensabili per l’alimentazione, che dipende per oltre un terzo da coltivazioni impollinate attraverso il loro lavoro.

Celebre è la frase di Albert Einstein che recita: “Se le api si estinguessero, all’uomo resterebbero 4 anni di vita”.

Quindi la famosa frase è un invito a fare appello al proprio senso di responsabilità che sia ha nei confronti della natura, a non far uso indiscriminato dei pesticidi chimici.

Onde evitare a promuovere il disordine a danno degli alveari  che nel tempo spopolano è necessario riconoscere nell’ape “la grandezza di una risorsa”. Le api sono una forte risorsa non solo per l’essere umano che attraverso i segreti dell’apicoltura, ricava nutrimento (produzione di miele) e sapori tipici, ma anche per l’ambiente e la bio-fauna circostante. 

L’allevatore, certamente, deve possedere requisiti particolari ed efficienti: cioè uno spiccato senso dell’organizzazione del proprio lavoro mirato al rispetto e alla valorizzazione dell’arte dell’apicoltura;  egli deve munirsi di un notevole senso critico in termini di osservazione e indagine pratica e in ultima analisi, assumere la chiara condotta morale che gli garantisca, per dirla con l’agronomo Massimo Girotti,  “la giusta apertura mentale a qualsivoglia innovazione di carattere tecnico o di conoscenze agrarie”.

L'ape, emblema dell'operosità, è sempre stata fin dai tempi antichi un insetto simbolico e recuperabile attraverso lo studio dei miti, leggende e religioni, nota già dalla pre-istoria per la propria utilità e umiltà. Grazie a numerose testimonianze sono stati trovati, nell’arte rupestre, graffiti e segni di un passato spettacolare.

Uno scenario d’amore e di naturalezza che ha rappresentato l’uomo contemporaneo nei rapporti sociali e di produzione  e ancora lo condiziona.

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