lunedì 20 marzo 2017

Viaggio di Istruzione Ravenna-Bologna


 
La vita è un otre di sorprese. 
Servono occhi particolari per prenderne consapevolezza: gli occhi del cuore.
Sono proprio questi gli occhi con cui un insegnante guarda quando va in gita scolastica.
Immaginate che nessun lavoratore si alza la mattina alle quattro per accompagnare ex-docili minorenni in un viaggio fuori dei confini paesani. 
Non tocco l’aspetto economico poiché con una disamina si rischia di apparire anche stupidi. 
Tornando a raccontare una parentesi di vita durata quattro giorni, la maggior parte della gente non crede come sia possibile dare a ragazzi sedicenni tanti buoni sentimenti in così breve tempo.
Gli insegnanti accompagnatori sono selezionati naturalmente per la loro generosità nel donare un tempo vita prezioso, specialmente per chi, come me, che non può più contare su tanti decenni da consumare ancora.
I superficiali pensano che i docenti “approfittino” della gita per concedersi una vacanza.
Poveretti! Non sanno che cosa sia una vacanza. 
Vivere pochi giorni con giovani in crescita è una esperienza sempre eccezionale. Si colgono opportunità di capire come il mondo cambia e la soddisfazione che, in fondo, i sentimenti rimangono gli stessi.
Oltre che insegnanti, gli accompagnatori sono genitori e il loro ruolo nel viaggio d’istruzione si miscela tra il rigore e la formalità scolastica e la necessità di essere buoni e sensibili educatori.
Vi confesso che per me è piacevole avere gli occhi addosso di teneri giovani che tentano di dimostrarsi “grandi”, di essere di riferimento e attenzione per coloro che vivono nuove esperienze.
L’allegria è la merce in abbondanza in queste occasioni. 
Tutti siamo disponibili al sorriso e a gareggiare con le buone maniere. 
Ovviamente, a volte, l’esuberanza prende il sopravvento ma fa parte del gioco, perché l’accompagnatore deve pur tirar fuori l’autorevolezza che qualsiasi studente si aspetta.
L’aspetto gioviale è tipico per ragazzi che si affacciano alla vita. Basta una pernacchia o una parola un po’ grossa per sollevare polvere di euforia e rumori imbarazzanti. 
Le visite guidate, le lunghe passeggiate, snodavano il serpentone di 50 anime tra strade sconosciute. 
Ogni particolare, diverso dai nostri costumi, era oggetto di furiosa aggettivazione.   
Quando le parole non bastavano applausi liberatori risuonavano nelle strade affollate. 
In quelle occasioni era facile che anche il più timido della carovana si trasformasse in un incontrollabile cavallo pazzo. 
I residenti, sorpresi per il clamore che il gruppone sollevava, mostravano il loro umore oscillando tra l’idea di un gruppo di predoni del sud o quella di un allegro gruppo folcloristico. 
Il loro assunto si intuiva dai borbottii o dai larghi sorrisi che rilanciavano.
I momenti di libertà erano considerati fughe dall’ambiente protetto, usati per sentirsi “grandi” e indipendenti. 
Per fortuna il loro inconscio lavorava a favore degli accompagnatori. Magicamente si muovevano a gruppi come branchi di licaoni a caccia di prede facili. 
In quei momenti, la protezione degli insegnanti si sostituiva con quella del gruppo. 
Il tempo è vigliacco. Quando ci si diverte, passa velocemente. In gita il tempo corre e far tardi agli appuntamenti di rientro è un fatto ricorrente che aggiunge quel pizzico d’ansia a chi ha la loro responsabilità.
Il soggiorno in albergo, fortunatamente, è stato più che piacevole. Agli ambienti nuovi e ordinati si aggiungeva un servizio gentile ed efficiente. 
Non si è riscontrata nessuna avarizia in termini di qualità e quantità del cibo, nonostante la tendenza giovanile ad approvvigionarsi di cibo spazzatura. 
Se non si considera qualche furto di asciugamano, erroneamente scambiato per souvenir, il comportamento dei gitanti può considerarsi accettabile.
L’ingenuità dei più vivaci si scontrava spesso con il ciglio dell’autista che in certe situazioni vestiva le sembianze di Rocky Balboa. 
La bontà del prof Matiritorna annegava nella placidità del suo carattere e come un condottiero di poche parole, riportava nei ranghi i cavalli più agitati. 
Nella marea di maschietti, la dolce figura della prof.ssa Roselli emergeva come la sirena di Rotterdam, tenendo il controllo della rotta e mantenendo costantemente i contatti con la stazione centrale di comando a Molfetta. 
Onore al suo spirito di sacrificio, dovendo accontentarsi di uno spazio risicato nel pullman, considerando extra la sua statura femminile.
In ogni avventura, un fatto straordinario deve succedere per incidere su fatti che diventeranno ricordi.
Per sopperire a questa necessità, ci siamo avvalsi di Giovanbattista, un tenero studente che ricadeva sotto la mia ala protettiva. 
Pensò bene di liberarsi della sua spalla sinistra per qualche ora. In questo modo, mi ha fatto conoscere uno dei migliori punti di pronto soccorso dell’Emilia-Romagna. 
Devo confessare che mi ha fatto trascorrere ore di straordinaria novità. 
Mi sono sentito “Babbo” e osservatore attento di medici e infermieri tutto al femminile. 
Non nascondo la sorpresa di relazionarmi con un ortopedico dalla gentile, esile figura femminile che con approcci fiabeschi ha rimesso a posto la spalla ribelle del dolorante studente.
Va fatto un encomio agli amici di classe di Giovanbattista. Solidali e premurosi con lui nel momento del dolore. Solo per questo meriterebbero la promozione alla quarta classe senza dei voti.
L’ultimo giorno, come nelle ultime scene di un bel film, la comitiva visse l’esperienza del ritorno.
Ormai si erano conosciuti fino in fondo. Pensieri e sentimenti condivisi avevano seminato amicizie più profonde e una maggiore consapevolezza per la quale amare, qualche volta, riesce a uscire dai confini di casa.

  

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