domenica 27 gennaio 2013

Una stella nel cuore



 

Commemorare un evento, per mia convinzione, ha un significato nobile. 

L’atto pone l’accento su quelle facoltà umane che non sono immobili o non si focalizzano sull’aspetto insulso, formale o vegetativo.

Nell’atto della commemorazione l’uomo celebra se stesso e lo induce a un’implacabile riflessione sulla natura della sua anima. 

Indipendentemente dal tema o dal tipo di celebrazione, l’uomo nell’atto di ricordare è costretto a un confronto, a una presa di consapevolezza che abbraccia il presente con il passato.

Sia questo il motivo per cui giunge anche il mio contributo alla commemorazione della Shoah.

Permettetemi una piccola regressione, prima di esprimere la mia opinione e la solidarietà a un popolo che non è soltanto etichettabile con la parola “ebrei”, ma anche essere viventi, fratelli abitanti lo stesso pianeta, anime nella stessa scia dell’amore universale.

Ero ragazzo, quando con gli occhi immersi in un libro “Se questo è un uomo” di Primo Levi, stentavo a crederci in quello che leggevo.

La notte, nel letto, a riparo da occhi indiscreti, io piangevo. 
Non riuscivo a convincermi che non ero io lì, tra quei cattivi.

Sollevavo spesso gli occhi dal libro per rendermi conto in quel momento com’ero fortunato, stando in un letto caldo e senza gli stimoli della fame che, per empatia, si sollevavano da quelle pagine.

Mi ripetevo: “Non aver paura, è solo un racconto!”.

Forse non ero convincente con me stesso, perché tremavo e continuavo a leggere sperando di stancarmi ed evitare l’insonnia, e di conseguenza, la paura di essere circondato da quei terribili fantasmi.

Da allora, è passato molto tempo, sono diventato avvezzo alle cattiverie, ma non ho ancora abbandonato la speranza che l’uomo se ne possa liberare.

Ascolto servizi televisivi e leggo testate giornalistiche che associano il termine commemorare a ricordare.

Da inguaribile ottimista, io non voglio ricordare le cattiverie degli uomini.

Il Ricordare è un’ammissione implicita al possibile dimenticare.

Non voglio la medicina per far sparire il sintomo!
Voglio quella che mi elimina la causa del sintomo.

Nella commemorazione, non voglio soltanto ricordare! 

Voglio un continuo rapporto dell’uomo attuale sull’uomo del passato e una verifica dalla quale si evince che non è soltanto la tecnologia a riferirci di come siamo cambiati. 

Abbiamo sempre avuto un’anima, forse un po’ più addormentata, ma credo fermamente che sia giunta l’era per assegnarle la posizione che merita.

La stella più speciale dell’universo che casualmente è finita in corpo di piccolissime dimensioni.

La sua discrezione è così grande che bussa delicatamente al cuore,
chiede attenzione per far grande il piccolo essere umano.

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